Amore e Psiche: la fabella rivive a Palazzo Te
Nella mostra curata da Elena Fontanella si ripercorre il
cammino di Psiche attraverso una serie di opere, antiche, moderne e
contemporanee, che testimoniano la fortuna del mito di Apuleio nella storia
dell’arte. La villa giuliesca, contenitore privilegiato, diviene parte
integrante del percorso espositivo, culminante nella sala dove Federico II
Gonzaga scelse di celebrare l’amore umano e divino proprio attraverso la
narrazione della favola di Amore e Psiche.
Il sentiero
dell’anima

E’ come essere accompagnati da Giulio Romano in persona,
quando, varcata la soglia di Palazzo Te, si inizia la visita della mostra
“Amore e Psiche. La favola dell’anima”, le cui sezioni corrispondono alle tappe
della storia d’amore raccontata nel II secolo a. C. da Apuleio nell’”Asino
d’oro”, ma di origini ancora più lontane. E’ il grande artista, infatti, ad
illustrarci, attraverso le superbe immagini realizzate con l’aiuto dei suoi
valenti allievi e colleghi, tutti gli episodi che portano prima all’incontro,
poi alla separazione, e infine al ricongiungimento tra la mortale Psiche e il
dio Amore. La sala del palazzo che fu teatro degli amori di Federico II Gonzaga,
un ambiente di rappresentanza dove si svolsero memorabili feste e banchetti, accoglie,
sul soffitto e alle pareti, i momenti della narrazione che corrispondono ai
grandi temi scanditi dalle opere scelte dalla curatrice Elena Fontanella ed esposte negli
appartamenti gonzagheschi del Te.
L’interpretazione data dalla mostra, così come da Giulio Romano, al mito dell’amore
tra la fanciulla mortale e il dio dell’amore, segue le teorie neoplatoniche,
tanto in voga durante il Rinascimento, secondo le quali la storia dei due
amanti rappresenta l’elevazione dell’anima verso il divino attraverso
difficoltà e traversie. E’ un cammino che si manifesta attraverso la bellezza,
causa del sovvertimento dell’armonia eppure allo stesso tempo simbolo stesso
dell’armonia nella favola di Apuleio, ma anche filo conduttore del percorso
espositivo tra opere d’arte straordinarie.
La storia
Psiche è una principessa di
tale bellezza da essere comparata dagli umani a Venere, che naturalmente non
gradisce il paragone. La dea ordina al figlio Amore di punire Psiche per la sua
superbia facendola innamorare di un mostro, ma inavvertitamente il dio si punge
con una delle sue frecce e si invaghisce della fanciulla.
Di nascosto, Amore si sostituisce all’essere mostruoso che Psiche avrebbe
dovuto sposare, per stare con la sua amata, ma la incontra solo di notte, per
mantenere segreto l’inganno ordito ai danni della madre.
Sobillata dalle sorelle invidiose e presa dalla curiosità di conoscere il volto
del marito, una notte Psiche accende una lampada per illuminarne il sonno, e
con sua sorpresa scorge nel letto un bellissimo dio anziché il mostro che si
aspettava. Proprio in quel momento, però, una goccia di olio bollente della
lucerna cade sulla pelle di Amore, che si sveglia e, ormai scoperto, fugge via.
Nella concitazione anche Psiche si punge con una freccia e si innamora
perdutamente.
La fanciulla disperata si reca da Venere, che la sottopone crudelmente ad una
serie di ardue prove. Psiche, aiutata da daimones
benevoli, con fatica riesce nell’impresa impossibile, ma un sonno mortale la
coglie dopo aver aperto il vaso contenente l’eterna giovinezza di Persefone,
raccolto negli inferi.
È proprio Amore che la risveglia con le sue frecce, e Giove le fa dono
dell’immortalità per rendere eterna l’unione dei due amanti.
Le opere presenti, pur appartenendo ad epoche lontanissime
tra di loro, riescono a dialogare alla perfezione e si sposano felicemente
all’universo di simboli e rimandi all’antichità che pervadono gli appartamenti
di Palazzo Te. I reperti archeologici della Magna Grecia e dell’età imperiale
romana, i dipinti di Tintoretto o di Palma il Vecchio, così come le opere di
Auguste Rodin o Salvador Dalì, fino al grande interprete del mito, Antonio
Canova, che con il suo gesso rappresenta il finale ricongiungimento dei due
amanti, tutti sono accomunati dal tema dell’anima, ed ogni sezione costituisce
un ulteriore passo del percorso di ricerca semantica e archetipica, oltre che
di ascesa metafisica, verso il trionfo estetico che si compie nella Sala di
Amore e Psiche.
Suggestioni
contemporanee
Il carattere spettacolare di Palazzo Te è oggetto delle
installazioni di due artisti contemporanei, che lavorando sulla base dell’esperienza
di Giulio Romano, tesa a rendere l’ambiente un motivo di stupore per lo
spettatore, lo rendono ulteriormente denso di suggestioni visive e acustiche. Alfredo Pirri sostituisce, al pavimento
della Sala di Amore e Psiche, un’ampia superficie a specchio che riflette il
soffitto, trasmettendo una sensazione di vertigine e di smarrimento. Siamo noi
stessi, con i nostri passi, ad infrangere la bellezza, sulla quale camminiamo
senza quasi rendercene conto. Mentre avanziamo al suono dello specchio rotto
dal nostro peso, in barba ad ogni vuota superstizione, guardiamo in basso ciò
che sta in alto e viceversa.
Anche nella Wunderkammer di Palazzo
Te, la Sala dei Giganti, una installazione di Fabrizio Plessi si inserisce nell’invenzione giuliesca - che aveva
fatto di questo ambiente una sorta di sala cinematografica ante litteram - con monitor montati su tavoli rovesciati che
mostrano acqua scura nella quale si sentono tuffarsi i massi rotolanti dal
monte sacro, dopo che Giove ferma il tentativo dei giganti di conquistare
l’Olimpo scagliando contro di loro le sue folgori. Altri macigni simili a
quelli visibili sulle pareti affrescate, sono posati sul pavimento, e il suono
dei fulmini rompe il silenzio, amplificato dall’acustica della sala, studiata
appositamente da Giulio Romano a questo scopo.
Ed anche l’armonia tra passato e presente è compiuta.
AMORE
E PSICHE. La favola dell’Anima
Mantova, Palazzo Te e Palazzo San Sebastiano
Sabato 13 Luglio 2013 - Domenica 10 Novembre 2013
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